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Diritto del Lavoro
ILLEGITTIMITA' DELLA DISDETTA DELLA CONTRATTAZIONE AZIENDALE -  INTANGIBILITA' DIRITTI RETRIBUTIVI QUESITI. IL CASO ATP.
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Comunicato stampa del 16 aprile 2014.  "Vinta la battaglia legale dagli oltre 300 dipendenti dell'azienda di trasporto pubblico locale ATP s.r.l. della Provincia di Genova che a dicembre 2013  avevano impugnato la disdetta unilaterale della contrattazione aziendale integrativa operata nel mese di ottobre 2013 dall'Azienda.  Il 16 aprile, infatti, sono state firmate davanti ad otto  giudici della Sezione Lavoro del Tribunale civile di Genova le transazioni giudiziali dei lavoratori  ricorrenti con le quali, a fronte del ritiro dei ricorsi, è stato  sancito a far data dal primo maggio 2014 il ritorno in vigore di tutte le indennità  integrative disdettate dall'azienda nel mese di ottobre 2013,  a tempo indeterminato e senza alcun effetto novativo.  Il braccio di ferro giudiziario intrapreso dal gruppo compatto di oltre la metà dei lavoratori Atp a fine 2013  ha avuto come antagonisti (oltre  ovviamente all'azienda), sorprendentemente anche le OO.SS., eccezion fatta per USB,  le quali dopo il taglio selvaggio agli stipendi dei lavoratori  operata tout court  dall'azienda senza preavviso e con applicazione immediata, del 7 ottobre 2013,  stessa data i  cui l'Azienda con l'aiuto della  Provincia stanziava 300.000,00 euro circa a favore di professionisti esterni per la procedura di concordato, anzichè  sostenere le ragioni dei dipendenti,  hanno messo in campo un'operazione di vero e proprio ostruzionismo alle iniziative giudiziarie: atteggiamento che non trova  precedenti nè  logiche  giustificazioni, visto che l'oggetto del contendere erano proprio  i diritti retributivi e normativi dei lavoratori.  L'iniziativa giudiziaria viene, peraltro, coraggiosamente portata avanti da tutti i 306 ricorrenti, la compattezza del gruppo e la determinazione dei  legali, hanno alla fine avuto la meglio ed imposto  l'apertura delle trattative  sfociate poi nell' importante esito sopra descritto."  Il settore del servizio di trasporto pubblico locale in Italia, come noto,  è un tema complesso e controverso sul quale da tempo si avverte l'esigenza di  un intervento normativo di ampio respiro che possa restituirgli quel ruolo strategico fondamentale che lo stesso ricopre negli altri Paesi europei.  Le aziende italiane, peraltro, soprattutto  negli ultimi tempi,  sembrano aver individuato nei tagli alle retribuzioni dei dipendenti la sola via d'uscita  alla crisi del settore.   In questo scenario appare emblematico il caso della azienda ATP .  ATP S.r.l. è una azienda, a partecipazione pubblica, che si occupa del trasporto pubblico locale della provincia di Genova, attualmente in concordato  preventivo.   La situazione aziendale pare aggravarsi quando, a seguito della spending review, gli enti pubblici soci (Regione e Provincia, nonché comuni della riviera  e dell’entroterra ligure) pongono dei seri paletti all’ammontare dei finanziamenti cui potevano far fronte. ATP, di fronte alla considerevole  decurtazione dei finanziamenti pubblici,  decide allora di agire su due fronti: da una parte presentando una domanda di concordato preventivo al  Tribunale Fallimentare di Genova in cui informava il Tribunale stesso dell'impossibilità di capitalizzare l'azienda da parte degli enti pubblici interessati,  se non attraverso interventi da attuarsi con azioni e procedure di non breve momento e di avere recuperato costi tramite il taglio della parte  economica integrativa della retribuzione dei dipendenti; da un'altra parte procedendo di fatto a detto taglio con un atto di forza unilaterale con cui, in  data 7/10/2013, la dirigenza di ATP comunicava alle OOSS e ai soci della società la disdetta della contrattazione economica integrativa aziendale,  nonché di una parte della normativa, con effetto immediato, sebbene ciò  significasse ledere il rapporto sinallagmatico tra le parti, sia in riferimento al  corretto e pattuito rapporto tra prestazione  del lavoro e suo compenso, sia in riferimento alle modalità di effettuazione della prestazione fisica di  lavoro.  Infatti, le parti sociali negli anni avevano provveduto ad integrare la contrattazione nazionale con una contrattazione di secondo livello, che apportava,  col consenso delle parti sociali e a fronte di reciproche concessioni di vario tipo, modifiche e miglioramenti dal punto di vista  economico ed  organizzativo sia all'attività imprenditoriale, che alle condizioni di lavoro, e ciò sempre e comunque in linea con le direttive fissate a livello nazionale  dagli organi rappresentativi imprenditoriali e dei lavoratori.  Tale contrattazione di secondo livello altresì implicava nel tempo l’adeguamento volontario dei lavoratori a parametri di redditività e/o onerosità del  lavoro man mano crescenti, ma sempre collettivamente ristorati dall’applicazione dei contratti aziendali suddetti, in un clima di collaborazione  finalizzato al progressivo miglioramento del servizio al pubblico e della salute generale dell’impresa.  L'azione giudiziaria avviata dai 305 dipendenti dell'azienda veniva impostata sull’accertamento della legittimità o meno della disdetta unilaterale della  contrattazione collettiva aziendale .  Dal punto di vista strettamente giuridico, la domanda fondava i propri presupposti sull’assunto secondo cui le indennità, i premi e quant’altro  disdettato, al di là del nomen iuris, erano diventati elementi fissi della retribuzione, in quanto applicati da decenni alla generalità dei dipendenti, in  modo continuativo, e prescindendo dall’andamento economico dell’azienda stessa.  A seguito della trattazione delle prime udienze, tenutesi nel mese di marzo 2014, le OOSS, stante l’instaurazione delle cause, tentavano di raggiungere  un accordo con l'azienda.  Peraltro, a fronte delle critiche mosse dalla difesa dei ricorrenti, secondo cui un accordo nuovo avrebbe travolto tutta la contrattazione integrativa  aziendale, frutto del confronto ultra decennale tra le parti sociali, in un clima di tensione e di attacco mediatico, in data 2 aprile 2014, si giungeva,  infine, ad una transazione giudiziale delle cause pendenti in base alla quale i ricorrenti riottenevano il ripristino della  continuità  della contrattazione  integrativa aziendale senza effetto novativo e  a tempo indeterminato.